VII e VIII incontro del corso di Psicologia dell’Uni3 di Osimo, 20 febbraio – 6 marzo 2017

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Durante questi due incontri è stato proiettato il film “Un ragazzo d’oro” di Pupi Avati, con Riccardo Scamarcio e Stefania Capotondi.

Durante la fase di elaborazione, che ha seguito la visione del film, la discussione si è sviluppata intorno ai seguenti argomenti:

  • Conflittualità nel rapporto padre figlio, basato su credenze che comportano una distorsione della realtà
  • Rapporto di coppia utilizzato come strumento per risarcire un passato doloroso e inaccettabile
  • Riscoperta della figura genitoriale e ruolo salvifico del figlio
  • Significato del sintomo, come strumento per salvaguardare e proteggere le relazioni affettive significative.

 

L’analisi delle dinamiche che emergono nel film, ha permesso di affrontare argomenti come il rapporto genitori-figli, ed il ruolo che ognuno ricopre all’interno delle relazioni famigliari.

Lo sviluppo di alcuni concetti ha semplificato l’introduzione dell’argomento che verrà affrontato nella prossima lezione: “Il mito famigliare”.

VI incontro del corso di Psicologia all’Uni3 di Osimo, 6 febbraio 2017

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Il VI incontro del corso è stato dedicato alla lettura di un brano tratto dal libro di Alba Marcoli “Il bambino arrabbiato”, a cui ha fatto seguito il “gruppo discussione”.

 

IL PRINCIPINO CHE NON PARLAVA PIU’.

La storia racconta di un piccolo principino di nome Unico la cui mamma, preoccupata di non lasciarlo mai solo e di proteggerlo alle volte oltre misura, si prodiga ad organizzare feste ed incontri tra il principino ed i suoi amici.

Questo a lungo andare comporta lo sviluppo di un’insicurezza da parte del principino che si costruisce la convinzione di non essere capace a gestire la propria vita da solo.

Invaso nel proprio spazio vitale, trova come unico slancio di protesta, un “silenzio urlato”, che costringerà la sua mamma a mettersi in discussione, riconoscendo i confini vitali del principino.”

 

Il silenzio, che in alcuni momenti può rappresentare la definizione di uno spazio intimo e privato che permette crescita e sviluppo, in altre situazioni può essere utilizzato come strumento simbolico per interrompere la comunicazione, assumendo una valenza involutiva.

Se pensiamo che la comunicazione è il mezzo attraverso il quale entriamo in relazione con l’altro, è facilmente intuibile il motivo per cui venga utilizzato il silenzio in relazioni particolarmente intrusive.

Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare il messaggio potente del silenzio, che mette l’altro in condizione di farsi domande, mettendosi in discussione.

Ringrazio i partecipanti del gruppo, che permettono di rendere sempre stimolanti i nostri incontri.

IV e V incontro del corso di Psicologia all’Uni3 di Osimo, 9-23 gennaio 2017

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Questi 2 incontri sono stati dedicati alla proiezione del film “Viaggio sola” di Maria Sole Tognazzi, interpretato da Margherita Buy e Stefano Accorsi.

La visione del film ha acceso un dibattito molto interessante su alcune tematiche:

  • Saper trovare il giusto compromesso tra bisogno di libertà e bisogno di appartenenza.
  • Saper trovare la moderata distanza, all’interno di relazioni affettive che siano in grado di assicurare protezione senza, al contempo invadere gli spazi vitali reciproci frenando o addirittura impedendo la naturale evoluzione individuale, viceversa rispettando l’autonomia ed il bisogno di indipedenza di ognuno.
  • Saper trovare il coraggio di mettere in campo la capacità di adattamento al cambiamento. All’interno di una cornice stabile, in cui è incastonata una vita professionale soddisfacente, relazioni affettive che rappresentano dei punti di riferimento sicuri, un evento inaspettato mette in discussione l’equilibrio precedente. Nel caso della protagonista femminile del film, la nascita di una nuova relazione del suo ex compagno e la conseguente attesa di un figlio, destabilizzano la stabilità della donna che, tuttavia riesce a scoprire in sé stessa la flessibilità che, non solo le permette di adattarsi la cambiamento ma, le permette di assumere nuova consapevolezza delle proprie scelte, accettandole ed intensificando i rapporti affettivi.

Ancora una volta ringrazio il gruppo per l’arricchimento che porta ad ogni intervento.

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III incontro del corso di Psicologia all’UNI3 di Osimo, 05 dicembre 2016.

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Nel terzo incontro è stata fatta una lezione frontale sul Ciclo vitale della Famiglia, concetto fondamentale della Teoria Sistemico-Relazionale.

La famiglia, come qualsiasi organismo vivente ha un proprio ciclo vitale:

  • Nasce
  • Cresce e si riproduce
  • Muore

Tale ciclo vitale, si sviluppa attraverso delle vere e proprie tappe evolutive che, in qualche maniera, ripercorrono le orme dello sviluppo individuale.

Si sviluppa attraverso la successione delle seguenti fasi:

  • Svincolo
  • Nascita della coppia
  • Coppia con figli piccoli
  • Emancipazione dei figli
  • Pensionamento

Ogni fase del ciclo vitale è caratterizzata da eventi critici che possono essere normativi (legati alle naturali fasi di crescita: matrimonio, nascita dei figli, ecc..) o para-normativi (non rientrano nelle naturali fasi di crescita: malattia, trasferimento, perdita lavoro, ecc..).

Tali eventi non necessariamente devono essere negativi ma, vengono connotati con il termine “critici” in quanto intervengono nell’equilibrio del sistema famigliare, portando cambiamento. Si innesca un processo di trasformazione in cui i vecchi schemi di funzionamento non sono più sufficienti a soddisfare le esigenze famigliari ed individuali. Il sistema entra in crisi, attraversando un periodo di scarsa organizzazione in cui i vecchi schemi non funzionano più, ma al contempo si attiva alla ricerca di nuovi schemi di sopravvivenza. La crisi in questo modo non rappresenta un evento negativo, piuttosto un ponte di passaggio da una fase di disorganizzazione ad un nuovo adattamento.

Il tempo di superamento della crisi è legato alla capacità di adattamento del sistema: tanto più la famiglia ha modelli rigidi da cui fatica a separarsi, tanto più incontrerà difficoltà ad un nuovo assetto di funzionamento.

II incontro del corso di Psicologia all’UNI3 di Osimo, 28 novembre 2016.

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Nel secondo incontro è stato fatto il “gruppo discussione”, durante il quale è stata letta ed elaborata una favola tratta dal libro “Il bambino arrabbiato” di Alba Marcoli.

 

LA PRINCIPESSINA ARRABBIATA PERCHÉ NON LE CHIEDEVANO MAI SCUSA.

Racconta di una piccola principessa che, cresciuta nella convinzione di non essere ascoltata e rispettata nei propri sentimenti, decide di chiudere le proprie emozioni e la propria forza vitale in uno scrigno. In questo modo, lasciò sempre più spazio ai “pensieri della testa”, che divennero suoi compagni di vita. Questi si dimostrarono infallibili fino a quando, una volta cresciuta, la principessa incontrò l’amore.

A quel punto, i sentimenti rinchiusi nello scrigno iniziarono a fare pressione e riuscirono ad aprirsi un varco. Solo dopo aver imparato a riconoscere e dare ascolto ai propri sentimenti, la principessa poté apprezzare la meraviglia del mondo e della vita.

 

Il contenuto della fiaba ha suscitato grande interesse nei partecipanti, favorendo un confronto ed un arricchimento reciproco. Per questo motivo ringrazio tutti coloro che erano presenti, per la loro disponibilità a mettersi in gioco.

I incontro del corso di Psicologia all’UNI3 di Osimo, 14 novembre 2016.

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Nel primo incontro è stata letta la metafora dei “Porcospini di Schopenhauer”:

 

In una fredda giornata d’inverno

un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e

per proteggersi dal freddo

si stringono vicini.

Ben presto però sentono le spine reciproche

e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro.

Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi

Si pungono di nuovo.

Ripetono più volte questi tentativi,

sballottati avanti e indietro tra due mali,

finché non trovano quella moderata distanza che consente loro di scaldarsi e

nello stesso tempo di non farsi male.

 

LA MODERATA DISTANZA COME ELEMENTO FONDANTE NEL PROCESSO DI CRESCITA.

Dal confronto di gruppo, è emerso che, nell’esistenza di ogni individuo è fondamentale il rapporto con l’altro. Ognuno di noi, sviluppa la percezione di sé stesso in rapporto all’altro, il quale ci fa da specchio ponendosi come amico, nemico, soccorritore o altro.

Questo ci permette di sviluppare, nei rapporti significativi, quel senso di appartenenza che costituisce la base per lo sviluppo successivo. Sentirsi riconosciuti come parte integrante di un legame affettivo permette di percepire la stabilità delle proprie radici, dando quel senso di continuità che permette di definire chi siamo e a cosa apparteniamo.

Tuttavia, è fondamentale imparare a conoscere i propri confini e quelli dell’altro, per poterli rispettare senza invadere lo spazio vitale reciproco e senza con-fonderci.

Per costruire e definire la propria identità si rende necessario, a questo punto, mettere in discussione il proprio mondo di appartenenza, lasciando andare qualcosa di ciò che abbiamo imparato, arricchendoci di nuovi modelli di riferimento. Questo avviene attraverso un processo di differenziazione.

Se il “senso di appartenenza” ci assicura la protezione, il “processo di differenziazione” ci assicura l’autonomia, entrambi aspetti imprescindibili al processo di sviluppo dell’identità.